La sincronicità secondo Jung: le coincidenze significative

Cos’è la sincronicità e come funziona. La teoria di Jung su come gli archetipi agiscono nelle coincidenze significative
Sincronicità

Cos’è la sincronicità

Sincronicità è un termine introdotto da Jung per definire delle coincidenze temporali di due o più eventi legati tra loro non da un rapporto “causale” ma bensì da un rapporto “casuale significativo”. Eventi che non sono pertanto influenzati l’uno dall’altro ma sono uniti tra loro da un senso comune, eventi definibili coincidenze significative.

 

Principio di causalità: Principio di Causa Effetto

Per rapporto causale intendiamo tutto ciò che è legato dal principio di causa effetto.Un esempio pratico di vita quotidiana può spiegare meglio questo concetto:

Telefoniamo ad un tecnico per segnalare un guasto alla caldaia. Il giorno dopo il tecnico si presenta alla nostra porta.

Questi due eventi, la telefonata e l’arrivo del tecnico, sono legati da un rapporto causale. La telefonata è la causa mentre l’arrivo del tecnico è l’effetto. Un evento ha influenzato l’altro, il principio che li lega è il principio di causalità.

Altro esempio: Urto con un braccio un bicchiere che cade e si frantuma. La causa è l’urto con il braccio, l’effetto è la rottura del bicchiere. E così via.Potremmo fare infiniti esempi.

Di fatto la realtà in cui viviamo la percepiamo in questo modo, è tutto un susseguirsi lineare di eventi legati tra loro da questo principio.

Ma nella nostra realtà si verificano anche tutta una serie di eventi che non rispondono a questa legge. Sono ciò che comunemente chiamiamo  “coincidenze” o “casi”.

 

Principio di casualità : Principio del Caso (coincidenza)

Ci sono due tipi di coincidenze, le  “pure coincidenze” e le “coincidenze significative”, quest’ultime sono quelle che caratterizzano la “sincronicità”.

Esempio di “Coincidenza Significativa“:

Esempio “A”: Penso o sogno una persona che non ho più contatti da molto tempo e dopo poco ricevo una sua telefonata.

Per la nostra visione della realtà i due eventi non li consideriamo legati dal principio di causalità, il ricevere la telefonata da una persona che non vedo da molto tempo, non lo consideriamo l’effetto generato dall’averla semplicemente pensata o sognata.

I due eventi sembrano non avere una relazione tale che uno influenzi l’altro, quantomeno, nel nostro immaginario collettivo questo non sembra possibile, pertanto potremmo dire che i due eventi sono legati più dal “caso” piuttosto che dalla “causa”.

Esempio di “Pura Coincidenza“:

Esempio “B”: Mi soffio il naso e in quell’istante si stacca un quadro dal muro.

Anche in questo caso i due eventi non sono legati dal principio di causalità: uno non determina l’altro.

Ma mentre nell’esempio “A” i due eventi, pur essendo coincidenze, sono strettamente legati, nell’ esempio “B”, invece, sembra non esserci un legame significativo.

Ecco allora definirsi il concetto di sincronicità.

 

Sincronicità: coincidenze significative

Orologi nello spazio

L’esempio “A” è la rappresentazione tipica di un evento sincronico, e pertanto possiamo chiamarla una “sincronicità” ovvero una coincidenza significativa.

Mentre per l’esempio “B” si tratta semplicemente di una pura coincidenza in quanto i due eventi sono privi di un senso comune, di fatto qui parliamo solo di “sincronismo” ovvero la semplice contemporaneità di due eventi.

Pertanto per parlare di sincronicità, oltre ad esserci un legame a-causale tra due o più eventi, ci deve essere un contenuto significativo ovvero un senso comune che li lega, diversamente potremmo solo parlare di sincronismo.

Ricapitolando per poter dire che si sta manifestando una sincronicità ci deve essere la concomitanza di tre fattori:

1.La coincidenza di due o più accadimenti

2.L’assenza di relazione di causa tra loro, a-causalità

3.La percezione di nessi di senso tra i fenomeni coincidenti

Fondamentale pertanto è l’esistenza di un nesso di senso tra questi elementi causalmente disgiunti.

Quindi potremmo dire che mentre la causalità potrebbe essere considerata un ponte che unisce due avvenimenti susseguenti, la sincronicità, l’unico ponte riconoscibile e constatabile è il senso che i due eventi hanno in comune ossia una sorta di omogeneità.

 

Altri esempi di sincronicità

1.Discuti di una questione con una persona, sali sull’autobus e due persone a fianco a te stanno parlando della stessa identica cosa.

2.Sei in sala d’aspetto di uno studio medico e sul tavolino ci sono diverse riviste, ne prendi una a caso e quando la apri, il primo articolo che ti si presenta parla esattamente di quello a cui stavi pensando proprio quella mattina.

3.Vedi ripetuti di continuo gli stessi numeri o le stesse immagini.

4.Ricevi l’aiuto giusto proprio nel momento in cui ne avevi bisogno.

Potrebbero esserci infiniti esempi. Chi non si è mai trovato a vivere un’esperienza del genere ?

Tendiamo a considerarli delle casualità, delle pure coincidenze. Ma ciò che ci tocca in modo significativo non accade per puro caso e Jung ce lo spiega attraverso la sue teorie che mettono in relazione la sincronicità con gli archetipi e l’inconscio collettivo.

 

Sincronicità e Jung

Il termine sincronicità fu coniato da Jung nel 1950 anche se lo studio dei fenomeni che caratterizzano la sincronicità era già stato affrontato da altri, prima di lui, interessati a questi tipi di accadimenti. Le ipotesi formulate da Jung sui fenomeni di sincronicità trovarono sviluppo anche attraverso lo studio dell’ I-Ching (Il libro dei mutamenti), dell’astrologia e della fisica quantistica.

Jung definì la sincronicità come «un principio di nessi acausali», in particolare:

“…una coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo. Uso quindi il termine “sincronicità” in opposizione a “sincronismo”, che rappresenta la semplice contemporaneità di due eventi. Sincronicità significa allora anzitutto la simultaneità di un certo stato psichico con uno o più eventi esterni che paiono paralleli significativi della condizione momentaneamente soggettiva e – in certi casi – anche viceversa.”

In questa affermazione Jung parla della sincronicità come il verificarsi in modo simultaneo di uno stato psichico con uno o più eventi fisici come la risultante di due fattori:

Fattore Nr.1: Un’immagine inconscia si presenta direttamente o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento

Fattore Nr.2: Un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.

Riprendiamo l’esempio di sincronicità riportato in precedenza: Penso o sogno una persona che non ho più contatti da molto tempo, e dopo poco ricevo una sua telefonata.

Il pensare o sognare la persona è il Fattore Nr.1, lo stato psichico, mentre ricevere la telefonata dalla persona sognata/pensata è il Fattore Nr.2, lo stato fisico esterno, l’evento manifesto.

A questo proposito Jung precisa:

«Voglio dire per sincronicità le coincidenze, che non sono infrequenti, di stati soggettivi e fatti oggettivi che non si possono spiegare causalmente, almeno con le nostre risorse attuali.»

Quando Jung parla di fatti oggettivi intende lo stato fisico esterno, il Fattore Nr.2, ovvero tutte quelle manifestazioni spiegabili in senso causale, stiamo parlando della realtà in tutte le sue manifestazioni che siamo abituati a percepire.

Mentre per stato soggettivo intende lo stato psichico inconscio del soggetto: il Fattore Nr.1.

La sincronicità pertanto è l’incontro di questi due mondi: uno è quello fisico, il mondo oggettivo e l’altro è il mondo soggettivo inconscio.

Uno degli aspetti fondamentali che differenzia questi due mondi è il concetto di “spazio” e “tempo”

 

Spazio e tempo

Orologio curvo:tempo non lineare

Nel mondo oggettivo, ovvero la realtà in cui ci muoviamo, spazio e tempo sono concetti fondamentali, servono come elementi di misurazione per poter ordinare cose ed eventi. Formano di fatto le coordinate indispensabili per la nostra vita quotidiana, andando a determinare le proprietà apparenti dei corpi in movimento. Ogni manifestazione della nostra realtà, dall’oggetto fisico all’evento, ha sempre una dimensione spazio temporale

La causalità presuppone la concatenazione di eventi legati tra loro che accadono in un certo spazio e in un certo tempo, dove il tempo è concepito come un susseguirsi lineare di istanti.Vi è un “prima”, un “adesso” e un “dopo”.

Ma quando entriamo nel mondo soggettivo, ovvero nel mondo inconscio, spazio e tempo non hanno più lo stesso significato. Qui tutto si muove in una dimensione eterna dove lo spazio non è più spazio e il tempo non è più tempo. Tutto è relativo.

La fisica quantistica conosce molto bene questo tipo di dimensione così come i mistici orientali che da sempre sperimentano il contatto con queste realtà straordinarie attraverso forme di profonda meditazione. Durante questi momenti la coscienza trascende l’ordinario spazio tridimensionale così come l’ordinaria consapevolezza del tempo.

Il tempo non è più una successione lineare di istanti ma diventa un presente infinito, eterno e  dinamico, un continuum che contiene condizioni che si manifestano in luoghi diversi e in tempi diversi, un continuum onnipresente.

Questa particolare dimensione è ciò che Jung chiama “inconscio collettivo” dove risiedono gli archetipi che svolgono un ruolo  ben preciso negli eventi sincronici.

 

Archetipi dell’inconscio collettivo: la loro funzione nella sincronicità

Archetipi e inconscio collettivo

La nostra psiche è sempre presa nell’osservare il mondo esterno in cui esistono le leggi di spazio e tempo canonici, in questo stato la psiche mantiene un alto livello di coscienza ma quando la psiche si stacca dall’osservazione del mondo oggettivo e si rivolge all’osservazione di sé stessa questo stato di coscienza si abbassa.

Questo “abbassamento di coscienza” può avvenire durante il sonno, durante fasi di meditazione profonda, e non solo, ma anche durante tutte quelle situazioni in cui si è sotto l’effetto di stati emotivi (esempio: un innamoramento, un forte dolore per una perdita di una persona cara, uno stato di rabbia, uno stato di malinconia ecc..) ciò che Jung chiama “affetti”

Questi “affetti” sono attivati dal nostro inconscio o più precisamente da ciò che coordina l’inconscio, quelle strutture che Jung chiamò “archetipi”.

Gli archetipi, elementi strutturali della psiche, coordinano i processi psichici inconsci e quando si attivano si manifestano come affetti (particolari stati emotivi).

L’affetto o stato emotivo provoca un parziale abbassamento di coscienza, una modificazione o per meglio dire un restringimento della coscienza lasciando all’inconscio un’occasione favorevole per inserirsi nello spazio lasciato vuoto. In questo modo abbiamo un rafforzamento dell’inconscio che influenza la coscienza con contenuti inconsci.

Questi contenuti inconsci si manifestano attraverso immagini, simboli, idee spontanee, ispirazioni,  perché questo è il modo di comunicare degli archetipi. Gli archetipi non utilizzano il linguaggio dell’Io ma un linguaggio simbolico, un linguaggio universale .

In altre parole, in presenza di uno stato emotivo che abbassa il livello di coscienza, si apre la porta a contenuti inconsci che irrompono nella coscienza, questi contenuti sono gli archetipi che si attivano, generano energia e spingono verso quel mondo consistente che sta manifestando la stessa qualità. Si manifesta così un evento sincronico dove le immagini inconsce entrano in relazione significativa con eventi obiettivi.

Ecco allora che abbiamo l’incontro di due mondi, uno il mondo oggettivo, la realtà in cui viviamo e l’altro mondo è quello soggettivo della psiche profonda, il mondo dell’inconscio collettivo.

Con la loro energia gli archetipi agiscono come forze attrattive mettendo in contatto questi due mondi.

Già in epoche più antiche troviamo affermazioni di filosofi che sostenevano l’idea di una forza insita nel nostro profondo psichico che influenza la realtà. Jung ne riporta alcuni esempi nei suoi scritti

Alberto Magno, filosofo del Medioevo, rifacendosi ad un testo del libro di Avicenna scriveva:

“Trovai [in riferimento alla magia] una spiegazione illuminante nel sesto libro dei Naturalia di Avicenna, in cui si dice che è insita nell’anima umana una certa proprietà (virtus) di cambiare le cose, e che le altre cose le sono soggette; e precisamente quando essa è trascinata a un grande eccesso di amore o di odio o qualcosa di analogo. Se quindi l’anima di un uomo cade in preda a un grande eccesso di una qualche passione, si può stabilire sperimentalmente che esso [l’eccesso] costringe [magicamente] le cose e le cambia nella direzione verso cui tende l’eccesso”

Goethe dice nelle conversazioni con Eckermann:

“Noi tutti abbiamo in noi un che di forze elettriche e magnetiche, e come il magnete esercitiamo un potere di attrazione e di ripulsione a seconda che veniamo in contatto con qualcosa di uguale o di disuguale.”

 

Un “Senso Nascosto”: il sapere degli archetipi

Sembra di fatto che il nostro inconscio più profondo possa influenzare la realtà esterna, come se possedesse un sapere che sfugge alla nostra coscienza. L’evento sincronico sembra essere espressione di questo sapere. In quel momento psiche e materia appaiono non più realtà separate ma facenti parti di una stessa identica realtà guidata da un’omogeneità di senso.

Jung di fatto definì gli eventi sincronici come “atti creativi nel tempo” nel senso di atti facenti parte di una creazione continua che si verifica costantemente in natura il cui significato trascende la coscienza dell’uomo.

Questi “atti creativi” possono essere esperiti dall’individuo solo quando si caricano di senso e sono proprio gli archetipi che rendono visibile questo senso.

Jung ci tenne a precisare che gli archetipi non sono quelli che “causano” gli eventi sincronici ma rendendo visibile il senso portano l’osservatore a viverne l’esperienza.

L’evento sincronico, diventa pertanto manifestazione di un “senso nascosto”, un senso a priori esistente al di fuori della coscienza dell’individuo che appartiene ad una “realtà ultima” che unisce e coordina ogni cosa e che gli archetipi conoscono molto bene.

Questa realtà ultima Jung l’ha chiamata unus mundus, termine che sta ad indicare uno o unico mondo ovvero una realtà unitaria da cui tutto emerge e a cui tutto ritorna.

 

Unus Mundus

il Tao:Unus Mundus

Unus mundus è un termine utilizzato da Gerhard Dorn, filosofo del 1500, a cui Jung si ispirò soprattutto per gli studi sull’alchimia.

Con unus mundus, Dorn intendeva un mondo potenziale del primo giorno della creazione, quando ancora era Uno e non esisteva la pluralità, quando nulla era ancora separato.

Un mondo originario da cui nasce tutto con una medesima struttura fondamentale, una stessa omogeneità, un mondo da cui origina il tutto e a cui tutto tende.

L’unità dell’uomo come realizzazione del Sé, significava per Dorn la possibilità di effettuare l’unione con questo mondo.

Quindi la realizzazione del Sé deve passare attraverso l’unione con l’unus mundus, questo mondo dove gli opposti sono stati abbattuti, un’unione tra il Sé individuale e un Sé universale

L’ipotesi di un senso esistente per sé stesso, è stato da sempre la base del pensiero cinese classico e ha guidato in Occidente il pensiero fino al Medioevo. Il principio di causalità non era né unico né predominante, solo successivamente nel corso del diciottesimo secolo è diventato il principio esclusivo delle scienze naturali.

Fino ad allora vigeva un principio di simpatia o armonia tra tutte le cose che unisce e coordina il tutto.

Diversi filosofi sostenevano l’idea di una realtà ultima:

Platone sosteneva l’esistenza di una realtà intelligente, il mondo delle idee, che formano e indirizzano quella materiale, in maniera tale che i fenomeni della natura risultano collegati tra loro da una legge superiore.

Plotino nel libro delle Enneadi affronta la questione che tutte le anime individuali non sono che un’unica anima. L’unità delle anime corrisponde all’unità dell’essere. Già in Plotino pertanto c’era l’idea di unus mundus. L’“unità delle anime” si basa empiricamente sul fatto che tutte le anime hanno in comune una medesima struttura fondamentale se pure non visibile né tangibile.

Jung riguardo questa visione cita diversi filosofi in Opere 8 “La dinamica dell’inconscio”

Ippocrate scriveva:

“Un unico confluire, un unico cospirare (conflatio), sentendo tutto insieme. Tutto in rapporto alla totalità, ma in rapporto alla parte le parti (presenti) in ogni parte con intenzione all’effetto. Il grande principio va fino alla parte estrema, dalla parte estrema al grande principio: un’unica natura, l’Essere e il Non-Essere. Ma il principio universale si trova anche nella più piccola parte, la quale perciò coincide con il tutto.”

Leibniz parla di un’armonia prestabilita cioè di un sincronismo assoluto tra eventi psichici e fisici.

“L’anima segue le leggi che le son proprie e il corpo le sue; e si incontrano in virtù dell’armonia prestabilita fra tutte le sostanze, poiché esse sono tutte le rappresentazioni di un medesimo universo.”

Schopenhauer in “Speculazione trascendente sull’apparente disegno intenzionale nel destino dell’individuo”, dove tratta il problema della “simultaneità” di eventi connessi dal caso -eventi sincronici- ne conclude che l’unica spiegazione possibile è data da un harmonia praestabilita, una volontà trascendentale, la prima causa, dalla quale tutte le catene causali si irraggiano.

“Casuale” accenna a un incontro nel tempo degli elementi non collegati causalmente. Non vi è nulla però di assolutamente casuale, e anche ciò che sembra massimamente tale non è altro se non qualcosa di necessario, che si realizza in modo attenuato. Delle cause determinate, per quanto lontane nella catena causale, hanno già da lungo tempo stabilito necessariamente che esso doveva verificarsi proprio ora, e contemporaneamente a quell’altra cosa.”

Agrippa di Nettesheim condivide l’opinione dei platonici che le cose del mondo inferiore hanno insita una certa forza (vis) grazie alla quale esse coinciderebbero in gran parte con quelle del mondo superiore, e che perciò gli animali sarebbero in rapporto con i “corpi divini” (cioè con i corpi celesti) e li “influenzerebbero con le loro forze. [..] Agrippa allude con ciò a un “sapere” o “rappresentarsi” innato negli esseri viventi…..[..], Questo spirito che “penetra ogni cosa”, ossia dà forma a tutto, è secondo Agrippa, l’anima del mondo:“Quindi l’anima del mondo è un determinato essere singolo che riempie tutto, fluisce in tutto, lega tutto e mette tutto in relazione, per fare della macchina di tutto il mondo un’unità…” Le cose in cui questo spirito è particolarmente possente hanno perciò una tendenza “a generare qualcosa di simile a sé (stesse), ossia a portare alla luce corrispondenze o coincidenze significative.

 

Jung arrivò alla conclusione:

”…che per quanto questo possa riuscire incomprensibile, si è comunque costretti alla fine a supporre che esista nell’inconscio un che di simile a una conoscenza a priori o, meglio, una “presenza” a priori svincolata da ogni base causale….”

 

Conclusione

Possiamo dire che le coincidenze significative presuppongano l’esistenza di un significato aprioristico, un’armonia prestabilita da una realtà primaria intelligente da cui tutto origina portando in sè la medesima struttura fondamentale.

Questo significato aprioristico resta fuori dalla coscienza dell’uomo, solo nella parte della psiche più profonda, nell’inconscio collettivo, risiede il sapere e gli archetipi come custodi, attraverso eventi sincronici, attraverso “atti creativi” come li definì Jung, partecipano al coordinamento di questo sapere assoluto che permea da sempre ogni cosa.

 

 

Bibliografia:

4 risposte

  1. Argomento assolutamente affascinante. Anche a me succedono questi episodi di sincronicità. Volendo essere razionale, respingo questo atteggiamento psicologico, però poi devo constatare che questi episodi sono molto frequenti quando sono in uno stato emotivo intenso. Non so se provengono da me e quindi soggettivi, oppure da qualcosa di esterno.

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